TITUS
Brunetto Latini, La Rettorica
Part No. 12
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Section: 13  
Line: 15    Ma questo studio di rettorica fue abandonato quasi
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da tutti loro, e perciò tornò a neente, in tal tempo
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quando più inforzatamente si dovea mantenere e più
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studiosamente crescere; perciò che quando più indegnamente
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la presumptione e l' ardire de' folli impronti
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manimettea e guastava la cosa onestissima e dirittissima
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con troppo gravoso danno del comune, allora
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era più degna cosa contrastare e consigliare la cosa publica.
Chapter: IV  
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Della qual cosa non fugìo il nostro Catone
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Lelius né, al ver dire, il loro discepolo Affricano,
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i Gracchi nepoti d' Affricano, ne' quali uomini
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era sovrana virtude et altoritade acresciuta per la loro
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sovrana virtude; che la loro eloquenzia era grande
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adornamento di loro et aiuto e mantenimento della
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comunanza.


Paragraph: 1  
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Lo sponitore.


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In questa parte divisa Tulio come divennero quelli
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due mali, cioè turbare il buono stato delle cittadi e corrompere
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la buona vita e costumanza delli uomini; et avegna
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che 'l suo testo sia recato in sìe piane parole che
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molto fae da intendere tutti, ma tutta volta lo sponitore
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dirae alcune parole per più chiarezza. Paragraph: 2   Et è la tema
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cotale: La eloquenzia mise in alto stato i parladori
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savi e guerniti di senno, che per loro si reggeano le cittadi
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e le comunanze e le cose publiche, avendo le signorie
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e li officii e li onori e le grandi cose, e non si trametteano
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delle cause private, cioè delle vicende delli
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uomini speciali, di fare lavoriere altre picciole
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cose. Ma erano altri uomini di due maniere: l' una che
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non erano parlatori, l' autra che non aveano sapienzia, ma
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erano gridatori e favellatori molto grandi; e questi non
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si trametteano delle cose publiche, cioè delle signorie e
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delli officii e delle grandi cose del comune, ma impigliavansi
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a trattare le picciole cose delle private persone, cioè
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delli speciali uomini. Paragraph: 3   Intra' quali furono alcuni calidi
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e vezzati - cioè per la fraude e per la malizia che in loro
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regnava parea ch' avesse in loro sapienzia-; e questi
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s' ausarono tanto a parlare che, per molta usanza di dire
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parole e di gridare sopra le vicende delle speciali persone,
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montaro in ardimento e presero audacia di favellare in
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guisa d' eloquenzia tanto e malamente che teneano la
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menzogna e la fallacia ferma contra la veritade. Paragraph: 4   Onde,
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per li grandi mali che di ciò adveniano, convenne che'
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grandi, ciò sono i savi parladori che reggeano le grandi
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cose, venissero et abassassero a trattare le picciole vicende
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di speciali persone, per difendere i loro amici e per contastare
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a quelli arditi. Et nota che arditi sono di due maniere:
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l' una che pigliano a ffare di grandi cose con provedimento
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di ragione, e questi sono savi; li altri che pigliano
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a ffare le grandi cose sanza provedenza di ragione,
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e questi sono folli arditi. Paragraph: 5   Donde in questo contrastare
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i buoni e savi parlavano giustamente, ma i folli arditi,
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che non aveano studiato in sapienzia ma pure in eloquenzia,
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gridavano e garriano a grandi boci e non si vergognavano
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di mentire e di dire torto palese; sicché spessamente
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pareano pari di senno e di parlare e talvolta
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migliori. che per sentenza del popolo, la quale è sentenzia
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vana perciò che non muove da ragione, e per
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sentenza di medesimo, la quale è per neente, pareano
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essere degni di covernare le publiche e le grandi cose, e
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così furo messi a reggere le cittadi et alli officii et onori
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delle comunanze. Paragraph: 6   Et poi che cciò avenne, non fue
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meraviglia se nelle cittadi veniano grandissime e miserissime
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tempestadi. Et nota che dice «grandissime» per
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la quantità e che duraro lungamente, e dice «miserissime»
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per la qualitade, ch' erano aspre e perilliose che 'nde
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moriano le persone; e dice «tempestanza» per similitudine,
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che come la nave dimora in fortuna di mare e
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talvolta crescono in tanto che perisce, così dimora la
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cittade per le discordie, et alla fiata montano sicché periscono
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in medesime e patono distruzione. Paragraph: 7   «Per
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la qual cosa eloquenzia cadde in tanto odio et invidia»....
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Et nota che odio non è altro se nno ira invecchiata; e
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così i buoni savi erano stati lungamente irosi, veggiendo
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i folli arditi segnoreggiare le cittadi. Et invidia è aflizione
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che omo àe per altrui bene; donde i buoni savi
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aveano molta aflizione per coloro ch' erano segnori delle
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grandi cose et erano in onore. Paragraph: 8   Et perciò li buoni d' altissimo
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ingegno si ritrassero di quelle cose ad altri queti
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studii per scampare della tumultuosa vita in sicuro porto.
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Et nota: dove dice «altissimo ingegno» dimostra bene
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ch' arebboro potuto e saputo contrastare a' folli arditi, e
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perciò che no 'l fecero furo bene da riprendere. Et in
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ciò che dice «queti studi» intendo l' altre scienze di filosofia,
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come trattare le nature delle divine cose e delle
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terrene, e come l' etica, che tratta le virtudi e le costumanze;
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et appellali «queti studii» ché non trattano
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di parlare in comune, e perciò che ssi stavano partiti
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dal romore delle genti. Et appella «vita tumultuosa» ché
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spessamente l' uno uomo assaliva l' altro in cittade coll'
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arme e talvolta l' uccideva. Paragraph: 9   Et poi che' savi intralassar
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lo studio d' eloquenzia, ella tornò ad neente e non
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fue curata pregiata. Ma l' altre scienzie di filosofia,
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nelle quali studiaro, montaro in grande onore. Paragraph: 10   Et
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ora riprende Tulio questi savi e dice che fecior questo
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a quel tempo che eloquenzia avea più grande bisogno
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per lo male che faceano i folli arditi nelle cittadi, e perché
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guastavano la cosa onestissima e dirittissima, cioè
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eloquenzia che ssi pertiene alle cose oneste e diritte.
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Dalla qual cosa non fugìo il nostro Catone quelli
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altri savi ch' amavano drittamente il comune et aveano
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senno e parlatura; ma dimoraro fermi a consigliare et
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a difendere il comune da' garritori folli arditi; e però
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montaro in onore et in istato grande che le loro dicerie
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erano tenute sentenze, e perciò dice che in loro
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era autoritade, ché autoritade èe una dignitade degna
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d' onore e di temenza. Paragraph: 12   Ma da questo si muove il conto
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e ritorna a conchiudere per ragioni utili et oneste e
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possibili e necessare che dovemo studiare in eloquenzia,
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e lodala in molte guise.


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